Elisa Navetta
Tutti gli aspetti piu degenerati della societa russa, la follia e la solitudine, sono gli argomenti portanti attorno ai quali ruota l’intera opera di M. Klimova. I romanzi di questa scrittrice sono lo specchio, deforme, della realta attuale. Leggerli, infatti, equivale a trovarsi di fronte a quegli specchi da Luna Park che stravolgono l’immagine originale evidenziandone un preciso dettaglio; i particolari messi in luce in queste opere sono sempre gli aspetti piu angoscianti e spaventosi della realta. L’autrice scova e rivela quelle manifestazioni grottesche e mostruose che si celano dietro l’apparente normalita allo stesso modo in cui ogni Luna Park, ogni circo, dietro le sue attrazioni e le mille luci colorate nasconde una realta sconosciuta e inquietante.
La curiosita, talvolta la morbosita, mista al desiderio, che alcuni considerano innato nell’uomo, di provare spavento per riuscire ad esorcizzare le proprie paure, porta il lettore ad avvicinarsi al mondo messo in scena da M. Klimova. I suoi personaggi sono tutti dei freaks, cioe degli scherzi della natura, dei veri e propri mostri da baraccone, esseri mentalmente deformi messi in mostra con un preciso scopo: noi, persone «sane», abbiamo bisogno di incontrarli, di vederli perche solo confrontandoci con essi possiamo trovare conferma della nostra, tanto rassicurante, normalita.
M. Klimova si propone, dunque, come la proprietaria di un circo immaginario, uno di quei circhi che non esistono piu per ragioni etiche e morali e che portavano di citta in citta il loro carico di mostri da esibire. I freaks di cui leggiamo in queste opere sono esseri deformi nella loro interiorita e, non solo concettualmente, si possono paragonare alle donne barbute, ai geek, ai giganti, ecc. In questi romanzi, infatti, troviamo personaggi che per la loro ambigua sessualita possono ricordare quegli esseri del circo che nel loro aspetto erano letteralmente divisi in due: meta uomo e meta donna, vestiti con la gonna in una gamba e un pantalone nell’altra.
Profondamente condizionati dalle opere e dal pensiero di L.F. Celine, di J. Genet e G. C. Huysmans, i romanzi di M. Klimova sono, dunque, il ritratto di un mondo di persone depravate, che non hanno piu nulla di umano, dove esistono solo sentimenti corrotti e squallore. In un certo senso i suoi romanzi sono sintomatici del profondo disagio dell’eta contemporanea. In essi vengono portati alle estreme conseguenze tutti gli aspetti peggiori delle societa contemporanee, e in particolare di quella russa. Nelle sue opere M. Klimova, con un linguaggio compassato e con lucidita estrema, sembra fare l’autopsia ad una Russia che non c’e piu mentre, allo stesso tempo, viene analizzata al microscopio anche la Russia sopravvissuta al disfacimento dell’Unione sovietica. Il responso di questa analisi e drammatico: nulla di buono e rimasto; tutto e marcio e putrescente.
Marusja Klimova e lo pseudonimo letterario dietro cui si cela Tat’jana Nikolaevna Kondratovic, scrittrice, traduttrice, critica cinematografica e giornalista. Della sua data di nascita non e dato sapere. Sappiamo comunque che nel 1980 si laurea in Lettere all’Universita Statale di Leningrado.
M. Klimova e membro dell’Unione dei Giornalisti di San Pietroburgo, dell’Associazione Internazionale dei Giornalisti e dell’Unione degli Scrittori di San Pietroburgo. Dal 1997 lavora come corrispondente da San Pietroburgo per la «Nezavisimaja Gazeta», quotidiano di Mosca. Dal 1998 e corrispondente da San Pietroburgo anche per Radio Svoboda.
M. Klimova e anche presidente della Societa Russa degli studi su L. F. Celine, lo scrittore francese di cui ha tradotto in lingua russa i romanzi Mort a credit e D’Un Chateau L’Autre. Ma, come traduttrice, M. Klimova si e occupata non solo di L. F. Celine, ma ha tradotto anche il romanzo di J. Genet Querelle de Brest, e Interdit aux Chinois et aux chiens di F. Gibault.
Il suo primo romanzo, Golubaja Krov’ (Sangue Blu), e stato candidato al premio «Severnaja Pal’mira» per l’anno 1997. Nel 1998 viene pubblicato il secondo romanzo, Domik v Bua-Kolomb (La Casetta in Bois-Colomb) da «Mitin Zurnal», e subito dopo la pubblicazione, l’opera ottiene un riconoscimento: a M. Klimova viene consegnato da T. Novikov, Presidente della Nuova Accademia di Belle Arti, la Rokfellerovskaja Premjai. L’anno seguente, nel 1999, compare, sempre su «Mitin Zurnal», la raccolta di racconti Morskie Rasskazy (Racconti di Mare). L’ultimo suo romanzo, intitolato Belokurye bestiiii (Le Bestie Bionde), e l’ultima parte del trittico composto da Golubaja Krov’ e Domik v Bua-Kolomb.
M. Klimova scrive Golubaja Krov’, il suo primo romanzo, nel 1991, ma esso viene pubblicato solo nel 1996 e in un numero limitatissimo di copie: cento in tutto. Tuttavia la scarsita delle copie disponibili non limita la sua circolazione. In brevissimo tempo, infatti, il tam-tam dei lettori fa si che Golubaja Krov’ susciti una notevole risonanza; il romanzo si fa pubblicita con delle modalita che ricordano l’epoca del samizdat. Per il clamore suscitato, l’opera viene riproposta nel 1999 da «Mitin Zurnal» con un tiratura superiore, di quattromila copie. Un pubblico piu vasto lo accoglie con interesse e Golubaja Krov’ ottiene un notevole successo. M. Klimova, conosciuta come giornalista e come traduttrice, diventa famosa anche come autrice nonche come esponente di spicco della letteratura «decadente»iii pietroburghese.
Le vicende narrate in questo romanzo avvengono in un arco di tempo compreso tra il 1987 e il 1991, cioe in un quel particolare momento storico che vede il vero e proprio sfaldamento dell’Unione Sovietica.
Sebbene vi sia una figura centrale attorno alla quale ruotano le vicende, Marusja (alter ego dell’autrice), non si puo parlare di lei come «protagonista». Golubaja Krov’, infatti, e piuttosto un romanzo corale, costituito da brevi e caotici episodi che si sovrappongono tra loro, senza dei protagonisti. Le avventure di Marusja, Pavlik, Kostja e di tutti gli altri sembrano essere un pretesto che l’autrice usa per ritrarre e raccontare un particolare momento storico e un ambiente ancora piu particolare. Quelle che M. Klimova narra, infatti, sono le vicende di persone profondamente malate, con gravi disturbi della personalita, completamente e irrimediabilmente «pazze». Ogni personaggio e contraddistinto da una particolare turba psichica. E in effetti, nessuno di loro sembra avere una qualche funzione positiva e vitale in questo ambiente che l’autrice costruisce sullo sfondo di una San Pietroburgo appena accennata. V. Kondratovic, filosofo pietroburghese nonche marito della scrittrice, sostiene che «il romanzo racconta la vita di una generazione «zaderzannoe» (ritardata), che svanisce nell’imbuto del tempo.»iv; M. Klimova ritrae un’intera generazione di inetti e sfaticati, di pervertiti e di schizofrenici, di adulti rimasti bambini, perennemente insoddisfatti; tutti con un sogno insano nel cassetto, un desiderio da realizzare per il quale sono pronti a fare qualunque cosa, senza fermarsi di fronte a nulla. Questi personaggi non hanno scrupoli ne vergogne, ma le loro follie non sono dettate dal desiderio di sfidare o provocare la societa «normale», di destabilizzare la realta e scuotere le coscienze. Nessuno, infatti, e davvero sano e quindi in grado di giudicarli; non hanno un auditorio o una realta diversa con la quale confrontarsi.
Non e ne per esibizionismo ne tanto meno per protesta mangiano dentro il cestino della spazzatura di fronte ad un ristorante alla moda o tirano arance ai cortei che sfilano sotto le loro finestre o, ancora, raccolgono e mangiano le caramelle dopo averle staccate dal pavimento della stazione ferroviaria. Non cercano l’approvazione di nessuno, non hanno nessun interesse che vada oltre la loro persona e i loro impulsi piu immediati. Tutti sembrano rifiutare la realta che li circonda e cercano il modo per sfuggirvi. Cosi Marusja si rifugia nel ricordo dell’infanzia e dell’adolescenza, un’infanzia per nulla serena, ma che evidentemente ai suoi occhi appare migliore della condizione attuale. Marusja e descritta come una bambina molto grassa e testarda, che tutti prendono in giro, e che offre il suo corpo ai militari e ai balordi nelle fabbriche abbandonate, senza avere coscienza di quello che fa. Il padre, ossessivo e violento, la picchia continuamente e non si mostra mai affettuoso ne con lei ne con l’altro figlio, Grisa. Inoltre, tutte le notti egli costringe Grisa a dormire con le braccia appoggiate fuori dalle coperte e lo sorveglia illuminandolo con una pila portatile per timore che si possa toccare e che cosi facendo diventi omosessuale. L’omosessualita e una componente fondamentale dell’opera. Il titolo stesso, Golubaja Krov’ (sangue blu), e allusivo: l’aggettivo «goluboj», che significa «azzurro, blu», e utilizzato anche come sinonimo dispregiativo per «omosessuale». Da questo duplice significato si viene a creare un gioco di parole che risulta piu evidente se si considera che la stragrande maggioranza dei personaggi maschili (e anche qualcuno dei personaggi femminili) e dichiaratamente omosessuale e quasi tutti vantano natali altolocati. Sono figli di importanti esponenti dell’intelligencija, della vecchia classe dirigente, di noti artisti o addirittura di nobili, anche se dal loro comportamento certamente non si intuisce la loro origine. Sono giovani che conducono una vita misera, da clochard, che si comportano in modo osceno e volgare.
V. Kondratovic ritiene che vi sia, nell’opera di M. Klimova, un riferimento al Satyricon di Petronio sia per l’argomento e che per la struttura dell’opera, costruita in modo asimmetrico e caotico su episodi, talvolta tragici, talvolta grotteschi. Ma i riferimenti e le citazioni non riguardano solamente Petronio. Il romanzo di M. Klimova, infatti, e l’espressione di una visione pessimistica delle cose e della vita che ricorda da vicino quella dello scrittore francese G. C. Huysmansv, autore di A Rebours, vero e proprio manifesto del Decadentismo letterario. Golubaja Krov’, come si accennava sopra, e ambientato in un particolarissimo periodo storico, quello cioe che vede la nascita e l’ascesa della borghesia dopo la dissoluzione della societa socialista e questo contesto richiama alla memoria un verso di Verlaine, diventato emblema del periodo decadente, in cui il poeta francese si paragona all’impero romano sul finire della sua decadenza (Je suis l’empire a la fin de la decadence).
Golubaja Krov’ risente in misura ancora maggiore dell’influenza di L. F. Celine. Dello scrittore francese M. Klimova condivide l’atteggiamento nei confronti della letteratura e dei propri personaggi. L’autrice ammette: «Celine mi e vicino perche manifesta un profondo disprezzo nei confronti della letteratura […] io scrivo a causa dell’odio verso la letteratura e soprattutto verso gli scrittori»vi. Come lo scrittore francese, anche M. Klimova si dimostra intransigente e dura nei confronti dei personaggi da lei creati, per loro non c’e compassione ne comprensione; non a caso l’autrice e stata accusata di misantropia. D. Volcek, scrittore ed editore di «Mitin Zurnal», afferma che: «M. Klimova ammonisce il lettore: la «povera gente» non si merita compassione, ma solo disprezzo»vii. E, come nota M. Trofimenkov, l’autrice appare solo un po piu indulgente nei confronti di Marusja, che, al contempo, gioca il ruolo di vittima e di carnefice non solo in questo, ma anche nel secondo romanzo di M. Klimova: Domik v Bua-Kolomb.
Questo secondo romanzo di M. Klimova puo, a tutti gli effetti, apparire il seguito di Golubaja Krov’. In esso ritroviamo il personaggio di Marusja e la stessa struttura (brevi episodi che si sovrappongono) da romanzo corale, anche se lo scenario, ad una prima occhiata, appare completamente diverso. Questo secondo romanzo, infatti, e ambientato non piu in Russia, ma in Francia, nella citta di Parigi; ma in una Parigi dai contorni sfumati che funge solo da sfondo alle vicende, mentre in primo piano si muovono in modo disordinato e frenetico i personaggi, quasi tutti russi. Protagonisti di tutte le vicende narrate sono infatti alcuni emigranti che vengono a contatto con parigini bohemien. «Nonostante l’azione del romanzo si svolga a Parigi», scrive V. Kondratovic nella prefazione al romanzo, «il romanzo di Marusja Klimova e prima di tutto sulla Russia, o piuttosto, sull’incontro della Russia con l’Occidente»viii.
In Domik v Bua-Kolomb un poeta ossessionato da questioni religiose si incontra con una arrabbiata femminista, una semplice ragazza della campagna russa fa conoscenza con un professore francese, un tossicomane mezzo matto si incontra con la Francia che ha sempre sognato, una editrice della «nuova Russia» si confronta con un vero parigino bohemien. Ma questi incontri sono una fonte di delusione e amarezza per tutti i protagonisti del romanzo. Alcuni episodi sono divertenti, altri grotteschi, ma l’atmosfera dominante, che percorre tutto il romanzo, e principalmente tragica.
Il linguaggio di M. Klimova e compassato, ha toni pacati, e contribuisce ad accentuare il senso di pesantezza della narrazione.
L’idea fondante del romanzo e che Parigi (cosi come tutto il mondo) sia popolata da mostri ripugnanti, da esseri abominevoli; proprio come in Golubaja Krov’, non c’e nessuno davvero sano, ne si intravede alcuno spiraglio di salvezza. Secondo M. Trofimenkov Domik v Bua-Kolomb di M. Klimova provoca un senso di nausea fin dalle primissime pagine, e addirittura fin dalle righe iniziali in cui l’autrice presenta una metafora esistenziale insolita e provocatoria: «Il water gli sembrava una enorme coppa, e l’acqua di cui era pieno simboleggiava le sofferenze, la cui quantita totale aveva gia raggiunto il limite critico e non accennava a diminuire.»ix
In M. Klimova la vita non procura che afflizioni e delusioni ed e inutile conoscere persone nuove o cercare di ricominciare l’esistenza in un luogo diverso, a Parigi o a Berlino ad esempio; a questa degenerata e tristissima realta non si sfugge in alcun modo, neanche andando per mare, come tentano di fare i personaggi di Morskie rasskazy.
Nel 1999 M. Klimova scrive Morskie Rasskazy, una serie di racconti incentrati sulle avventure di alcuni marinai della flotta russa, ambientati prima, dopo e durante il periodo della dissoluzione dell’Unione Sovietica. L’introduzione all’opera ci informa che il padre ed il fratello dell’autrice avrebbero fatto parte di questa flotta e hanno vissuto in prima persona alcune delle vicende narrate nel libro: «dall’infanzia Marusja ha ascoltato aneddoti di vita di mare che hanno lasciato un marchio indelebile sulla sua psiche. La raccolta Morskie Rasskazy e la piu vistosa testimonianza di cio.»x In queste opere il confine tra autobiografia e fiction e volutamente indicato come molto sottile; ciononostante e pur sempre presente, tant’e vero che l’autrice, per mantenere la distanza da quanto scrive, ricorre ad un pen name. Nei due precedenti romanzi infatti la parziale identificazione si attua tra Marusja scrittrice e Marusja protagonista.
Per alcuni aspetti la raccolta Morskie Rasskazy si discosta dalle due precedenti opere di M. Klimova. Non solo il personaggio di Marusja e assente e le vicende non sono ambientate in citta come San Pietroburgo o Parigi, ma anche la struttura dell’opera e differente. Nei precedenti romanzi, infatti, gli episodi si incastravano l’uno nell’altro in maniera del tutto casuale e l’autrice approfittava anche di un personaggio marginale o di un dettaglio per lanciarsi in continue digressioni. In Morskie Rasskazy invece, ogni racconto si presenta come una storia a parte, un episodio concluso, sigillato dal titolo, anche se, complessivamente, l’opera rivela una struttura a cornice. Le avventure di marinai sporchi, pervertiti e ubriaconi, infatti, non sono raccontate direttamente dalla voce dell’autrice, ma sono esposte come se fossero i ricordi di un vecchio lupo di mare che racconta ad occasionali ascoltatori le sue travagliate esperienze di vita. M. Klimova utilizza l’espediente del vecchio marinaio per prendere le distanze dalla narrazione e infine scomparire del tutto, come accade in molte opere postmoderniste. Secondo V. Kondratovicxi, invece, il fatto che l’autrice si allontani dal testo e che ricorra a questo personaggio-narratore non si spiega affatto con l’adesione ad una estetica postmodernista, quanto con un ritorno alla tradizione inaugurata da Povesti Pokojnogo Ivana Petrovica Belkina (Racconti di Belkin) di Puskin, in cui l’autore lascia la parola ad un fittizio narratore, un semplice e modesto nobiluomo di provincia. Per V. Kondratovic ne consegue che l’opera di M. Klimova e, senza dubbio, erede legittima della migliore tradizione puskiniana. Tuttavia, a nostro avviso, i due aspetti non sono in contraddizione dal momento che nei romanzi di questa scrittrice convivono e continuamente si mescolano elementi postmodernisti e richiami alla tradizione. Un altro elemento tradizionale evidente in Morskie Rasskazy, ad esempio, e il chiaro riferimento ai racconti di viaggi e avventure di mare (il primo autore con il quale M. Klimova si confronta e J. Conrad di Nostromo). Ma M. Klimova prende spunto soprattutto dagli scrittori francesi e in particolare quelli di cui l’autrice ha in passato tradotto le opere e, in particolare, J. Genet, l’autore di Querelle de Brest.
In Morskie Rasskazy il protagonista del racconto intitolato Chozjain e un marinaio di colore, imbarcato su una nave russa, che di russo impara un’unica parola: «chozjain» («padrone»); sembra ricalcato direttamente sul personaggio di Querelle. Esattamente come il Querelle di J. Genet, il marinaio di cui si parla in questo racconto e, per sua scelta, completamente sottomesso, schiavo di un russo che abusa di lui in tutte le maniere e che lo costringe a dormire come uno zerbino ai piedi del suo letto. Dal libro di J. Genet il famoso regista R. W. Fassbinder ha tratto il suo ultimo film Querelle du Brest; M. Klimova, che oltre ad essere scrittrice e traduttrice e anche critica cinematografica, si e ispirata anche al film per i suoi racconti. Morskie Rasskazy, come il romanzo di J. Genet, e un crudo e cinico diario di bordo, in cui sono annotati in maniera stilizzata situazioni di ordinaria follia e tragici episodi.
In Morskie Rasskazy oltre a J. Genet sono rintracciabili anche riferimenti a B. S. Zitkov (1882-1938), famoso autore di un omonimo libro per ragazzi. Quest’opera di M. Klimova puo essere infatti considerata una parodia del libro di B. S. Zitkov. Nel romanzo di quest’ultimo il protagonista, Boris, e un ragazzino di otto anni che dimostra la maturita di un adulto, mentre i marinai di M. Klimova sono adulti dall’atteggiamento infantile, sfaticati e sempre ubriachi, che non si differenziano di molto dai personaggi di Golubaja Krov’ e Domik v Bua-Kolomb.
In M. Klimova la parodia e la citazione, elementi caratteristici dell’stetica postmodernista, si inseriscono mirabilmente all’interno di una prosa naive, una prosa priva di complesse costruzioni mentali e che, di proposito, sfugge i preziosismi. L’autrice ottiene un esito indubbiamente originale, dall’opposizione di questa prosa estremamente semplice, piana, con la pesantezza degli argomenti trattati; tale connubio e a volte capace di indurre perplessita ed imbarazzo nel lettore. Nei romanzi cosi come nei racconti, l’autrice si serve di espressioni crude e talvolta volgari, ma lo fa con un atteggiamento perlopiu distaccato, quasi con leggerezza; questo procedimento rammenta la prosa di Babel’che «non conosce tabu e le parole piu volgari fioriscono accanto ad una poesia quasi vittoriana».xii
Le opere di M. Klimova potrebbero essere lette come parti di un unico insieme, dal momento che presentano le stesse caratteristiche e affrontano come unico argomento lo squallore della realta e la depravazione di chi la popola. Qualche moto di simpatia puo essere suscitato da un personaggio-mostro piu ingenuo degli altri che si caccia in situazioni grottesche, come in Golubaja Krov’ , dove alcuni dei protagonisti tentano di andare a rubare ai supermercati Eliseev convinti che non esista nessun tipo di allarme; una volta entrati, invece, si trovano di fronte a cani inferociti lasciati scorazzare per i magazzini come economico sistema anti-furto. Nel complesso, tuttavia, l’atmosfera delle opere di M. Klimova e soffocante e claustrofobica. Di questi mostri S. Kuznecov dice: «Forse, cento anni fa essi [«i mostri»] avrebbero suscitato ripugnanza; oggi non suscitano niente, eccetto comprensione e una debole simpatia. Probabilmente mi guarderei dall’invitarli a casa mia, ma incontrarli da qualche parte in citta sarebbe interessante»xiii.
Tuttavia non sono solo i protagonisti delle opere di M. Klimova ad essere mostruosi e a suscitare curiosita, ma tutto il mondo che l’autrice costruisce. In tutti romanzi si delinea un concetto base: non sono pazzi e schizofrenici solamente i personaggi, ma la realta tutta. Nelle opere di M. Klimova, infatti, scompare definitivamente la linea di confine tra normalita e follia: non c’e nessuna realta sana con la quale confrontarsi, tutti sono irrimediabilmente pazzi.
M. Klimova, nell’intervista che segue, parla della visione drammatica della realta che emerge dalla lettura dei suoi romanzi e del concetto di normalita. Contattata via e-mail nel febbraio 2001, la scrittrice mi ha rilasciato questa intervista in cui definisce anche la sua visione di «postmodernismo»e di «Decadentismo» e dove parla del ruolo dello scrittore e del valore dell’arte.
Ritengo sia di particolare interesse il passaggio dell’intervista in cui l’autrice parla della valenza elitaria della sua letteratura. Quello che, di primo acchito, potrebbe essere considerato un tipico atteggiamento decadente si rivela, ad un esame piu approfondito, una peculiarita condivisa da molti scrittori russi contemporanei. Come i poeti e gli artisti decadenti si allontanarono da una societa, costituita principalmente da una borghesia benpensante volta all’ordine e alla realizzazione del guadagno, contrapponendovi un estetismo antiborghese, cosi alcuni scrittori russi, constatata la banalita e la poverta culturale imperanti nella societa odierna, si rifugiano in una letteratura divenuta emblema e mezzo di affermazione della propria alterita. Essi sostengono che oggi, in Russia, la letteratura con la «L» maiuscola ovvero la produzione di qualita, ha un seguito davvero esiguo e dunque si puo parlare a ragione di autori e di opere di elitexiv.
Ritengo che nei Suoi libri il decadentismo si incontri e si unisca con alcuni elementi tipicamente postmodernisti. Il risultato e un mix indubbiamente originale. In che modo Celine, il padre della letteratura decadente, ha influenzato il suo lavoro?
Il termine «postmodernismo» in questo momento in Russia e usato al posto del termine un po’ sorpassato di «Avanguardia» e, in un certo senso e diventato suo sinonimo, perche spesso denota semplicemente tutto cio che e d’avanguardia o attuale nell’arte. Allo stesso tempo, «postmodernismo», in senso stretto, indica alcune correnti ben definite dell’arte russa contemporanea, la piu famosa delle quali e il Concettualismo, rappresentato da Grojs, Sorokin, Kabakov ed altri. Per cio io mi considererei postmodernista nel piu ampio significato del termine, poiche il mio ingresso nella letteratura e avvenuto negli anni ’90, quando il Concettualismo patrio era gia all’ultimo respiro.
Oltre a cio, la parola «postmodernismo» letteralmente significa: cio che e arrivato a sostituire il Moderno, cio che ha fatto seguito ad esso, e in questo senso e il suo antipodo stilistico, cio che si contrappone al Modernismo, e proprio con il Modernismo, in primo luogo, si associa il Decadentismo. Tuttavia l’accostamento, nella sua domanda, di questi due concetti apparentemente incompatibili, mi sembra che sia molto azzeccato nel mio caso. L’arte del modernismo (Art Nouveau) e stata determinata, per molti versi, dai gusti della nuova borghesia che andava formandosi all’inizio del XX secolo, contraddistinti dall’esaltazione, la morbosita, la leziosita, cioe tutto quello che e possibile definire con la parola «Decadenza». Anche gli anni ’90 del XX secolo sono stati l’epoca del trionfo dei cosiddetti «nuovi russi», i gusti esaltati dei quali hanno determinato molto lo spirito e lo stile di vita di questi anni in Russia e in parte anche in Europa, cosa che, naturalmente, ha avuto dei riflessi anche nella mia opera.
Percio, probabilmente, questa mescolanza e tanto originale: il postmodernismo e appesantito dal morboso, decadente spirito della vita europea di fine millennio.
Per quanto riguarda Celine, la sua influenza e evidente. Io ho fatto il mio ingresso nel mondo della letteratura inizialmente come traduttrice di Celine, poi di Genet e solo piu tardi come autrice di romanzi originali, sebbene il mio primo romanzo «Golubaja Krov'» sia stato scritto gia nel 1991, cioe con tre anni di anticipo rispetto alla comparsa della mia prima traduzione («Morte a Credito»), solo che la pubblicazione di «Golubaja Krov'» e avvenuta qualche anno dopo.
Di Celine mi attira soprattutto il suo disincantato, ascetico sguardo sul mondo e sull’uomo, sebbene dal punto di vista stilistico, forse, Fassbinder abbia esercitato su di me un’influenza maggiore; quest’ultimo, come e noto, non era uno scrittore, ma anche il suo sguardo sul mondo era piuttosto spietato. Non a caso io sottolineo cio, perche proprio la sobrieta, l’austerita e la crudelta nella valutazione della realta circostante mi sembrano insufficienti negli uomini di oggi, in particolar modo in Russia, che nel corso di tutto il XX secolo, fino all’ultimo, e rimasta nel mondo dell’utopia e dei sogni; e per questa ragione le tocca ora pagare un caro prezzo.
In «Golubaja Krov'» tutti i personaggi sembrano essere completamente pazzi, degenerati o depravati, e allo stesso tempo si trovano completamente a loro agio nel mondo che li circonda perche anche il mondo e la societa sono impazziti. Cosa ha determinato questo drammatico contesto?
Sono convinta che se anche io vivessi nella migliore delle condizioni possibili, lo stesso scriverei di «deviazioni», piuttosto che di norma, perche questo, mi sembra, e davvero il compito principale dell’arte: preparare l’uomo alla morte. La vita non e semplicemente organizzazione della quotidianita e cosi via, ma anche agonia, avvicinamento all’eternita, e senza questo mistero la vita sarebbe completamente piatta e chiara, e l’arte del tutto priva di senso. Da questo punto di vista, chiunque si differenzi per un difetto qualsiasi, per una deviazione dalla norma, non e semplicemente un anormale, un deviato, ma colui che possiede un’esperienza per me molto importante, l’esperienza dell’ «agonia», poiche egli, forse senza rendersene conto, in qualcosa ha gia varcato il confine della vita normale; e come se egli parzialmente fosse morto per la vita. Io non lo posso dimostrare, ma in genere l’arte non convince nessuno di niente: o commuove, o no…E tuttavia occorre ricordare che il tentativo dei comunisti di creare una societa terrena senza morte, entro immediatamente in profondo conflitto con l’estetica. Assurda testimonianza di quell’epoca e oggi il mausoleo con il corpo del «eternamente vivo» Lenin.
Pero il «buon senso» e la «vita normale», dei quali ora parlano cosi tanto i politici, in ultima analisi, sono anche profondamente antiestetici, poiche questa non e altro che un’illusione, una meschina illusione di vita senza morte, dove nell’inconscio l’idea di morte viene semplicemente eliminato. Per questa ragione probabilmente anche l’arte presente, l’arte attuale, non e mai arte per la classe media, che e composta da onesti piccolo borghesi; e il disincantato sguardo sul mondo di Celine, di cui ho parlato sopra, non ha niente in comune con il buon senso… non a caso Celine aveva una solida reputazione di pazzo, anche nella sua patria, la Francia.
Per questo motivo, evidentemente, anche i miei personaggi «devianti» si sentono tanto a loro agio nel mondo contemporaneo, infatti vivono non secondo le regole del buon senso e della societa, che per loro praticamente non esistono, ma secondo le leggi della bellezza e della mostruosita, cioe vivono la vita quasi come un’opera d’arte, per la quale oggi in Russia, in effetti, si e creata un contesto in massimo grado favorevole e «drammatico». Non si puo dire che cio sia normale, ma non posso nemmeno dire che sia univocamente «male». In ogni caso i miei personaggi vivono di una vita vera e questo e molto importante.
Dunque, M. Klimova afferma di avere, come scrittore, il compito preciso di ammonire chi legge e di prepararlo alla morte. Il modo migliore per farlo sembra essere quello di ritrarre il mondo come se esso fosse l’anticamera dell’inferno; l’autrice indossa i panni di Caronte e impietosamente conduce il lettore nell’Ade.
NOTE
i T. Vol’tskaja, 1998, Kniznaja Polka, «Nevskoe Vremja», n.173.
ii M. Klimova, 2001, Belokurye bestii, San Pietroburgo, S»ti,.
iii M. Klimova e stata la principale organizzatrice di una manifestazione particolare, Festival’ Peterburgskogo Dekadansa, che ha avuto luogo a San Pietroburgo nel febbraio 1999. Cfr. A. Мatbeeba, 1999, Dekadans, ili cuzie zdes’ ne chodjat.
iv V. Kondratovic, 1991, Prefazione a M. Klimova, 1996, Golubaja Krov’, SPb, Mifril, pag. 5.
v G. C. Huysmans, n. a Parigi (1848-1907). Nel 1884, con A Rebours, ruppe gli angusti confini del Realismo e diede voce alla sua sensibilita esasperata.
vi E. Мajzel», 2001, Subject: Marusja Klimova, «Ja Pisu iz nenavisti k literature i osobenno k pisateljam!»
vii D. Volcek evidentemente allude al romanzo Povera Gente di F. M. Dostoevskij.
viii V. Kondratovic, cit.
ix M. Klimova, 1998, Domik v Bua- Kolomb, SPb., Mitin Zurnal.
x M. Klimova, 1999, Prefazione, Morskie Rasskazy, Mitin Zurnal.
xi V. Kondratovic, cit.
xii D. S. Mirskij, 1965, Storia della letteratura russa, Garzanti.
xiii S. Kuznecov, Kul’turnyj Gid,
xiv M. Berg, 1997, Gamburskij Scet, «Novoe Literaturnoe Obozrenie», n.25; O. Slavnikova, 2001, Speceffekty v zizni i literature, «Novyj Mir», n.1.
Roma,»Slavia», №3, 2001